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[coronavirus] Serve una risposta dall’Europa

Le Monde, Francia, firmato as
da Internazionale 13 marzo 2020

Anche se l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha esitato a lungo prima di definire una pandemia quella del Covid-19, sul piano economico non si può temporeggiare.
Tra il crollo del prezzo del petrolio, le borse a picco, la crisi del commercio mondiale e la scomparsa della domanda in interi settori economici, bisogna prepararsi per quella che gli anglosassoni chiamano “perfect storm”, la tempesta perfetta capace di distruggere tutto.
L’Italia, la terza economia dell’eurozona, è già in grandi difficoltà. La Germania è da vari trimestri sull’orlo della recessione, e ora potrebbe compiere il passo decisivo. L’Europa non deve ripetere gli errori del passato. In occasione della crisi finanziaria del 2008 e di quella del debito del 2011, l’eurozona pagò a caro prezzo l’incapacità d’intervenire con decisione e tempestivamente per spegnere l’incendio.
Stavolta il vecchio continente deve riflettere sulla frase del generale MacArthur: “Le battaglie perse si riassumono in due parole: troppo tardi”. La tempesta attuale non ha niente a che vedere con quella del 2008, che colpì al cuore il sistema finanziario.
Questa volta bisogna dotarsi dei mezzi necessari per superare un problema grave ma passeggero. L’importante è che gli stati dell’Unione collaborino e restino solidali. Gli aiuti che finora sono stati concessi in modo disordinato sono solo una cura omeopatica.
L’Europa ha bisogno di una terapia d’urto. Questo significa ammorbidire le regole sugli aiuti di stato, escludere i provvedimenti legati al nuovo coronavirus dal calcolo dei deficit nazionali e adottare misure importanti per aiutare le piccole e medie imprese. L’essenziale è proteggere le aziende e i posti di lavoro, in attesa che la situazione sanitaria migliori. A giudicare dal panico dei mercati finanziari, finora la risposta politica non è stata all’altezza.
Se l’Europa non riuscirà a mostrare più coraggio e coordinazione, le conseguenze dell’epidemia di Covid-19 rischiano di essere profonde e dolorose.as

...e se riducessimo il numero delle regioni?

Il fallimento della sanita' regionalizzata

La Lombardia ha la migliore sanita' del paese, ma l'emergenza del coronavirus la sta colpendo in modo impensabile fino a poco tempo fa,
C'e' solo da sperare che nelle regioni meridionali (ho in mente il funzionamento della sanita' in calabria) non si verifichi nulla di simile al contagio lombardo.
Si sentono in questi giorni di coronavirus gli echi di dissensi tra regioni e governo centrale nella esecuzione di regole emanate dal governo centrale.
Le varie regioni in, in base allo schieramento che le amministra (alla fine oramai centrodestra o centrosinistra) attuano ob torto collo le direttive del governo centrale o strombazzano la loro adesione .
Purtroppo non e' questione di schieramento politico, ma di capacita'.
Il politico regionale medio italiano e' un incompetente carrierista, circondato da uno stuolo di squali e cortigiani.
La Lombardia, in virtu' del suo essere la locomotiva del paese, amministrata dalla lega non puo' discutere piu' di tanto le norme emanate dal governo, ma le vorrebbe salvinizzare (berlusconizzare, avrei scritto in altri tempi).

L'ultima boutade e' quella dei 500 posti di terapia intensiva da realizzare in tempi cinesi in un padiglione della vecchia fiera di Milano.
Per la loro realizzazione la regione Lombardia (la piu' colpita dal coronavirus, ne sanno qualcosa i sanitari degli ospedali che sono letteralmente allo stremo), ha incaricato Bertolaso, responsabile del dopo-terremoto de L'Aquila e affiliato al clan Berlusca/Salvini che promette di realizzarlo in tempi cinesi: 7 giorni.


Il padiglione della vecchia fiera in cui sotto la direzione di Bertolaso
la regione Lombardia realizzera' in 7 giorni 500 posti di terapia intensiva
da
Milano today

A Wuhan ci hanno provato, ma se la raccontasse un Superman con gli occhi a mandorla non sarebbe molto piu' credibile (l'edificio esistente non e' detto sia una situazione preferibile ad un ospedale da campo: l'esercito cinese ha impiegato 10 giorni, ma dieci anni dopo L'Aquila langue), sembra una vera barzelletta.


Un palazzetto dello sport di Wuhan trasformato in ospedale
Foto diffusa dall’agenzia di stampa Xinhua, Wuhan, 4 febbraio 2020 (autore Xiong Qi)

Purtroppo non c'e' affatto da ridere: visto il carico di lavoro, malgrado gli sforzi di tutto il personale sanitario, in questi giorni negli ospedali lombardi il triage e' spesso praticato: se non c'e' posto in terapia intensiva e stai molto male, puoi solo tornare a morire in casa.

Il padiglione della fiera e' alto oltre 6 metri, non ha senso pensare di soppalcarlo, ed i reparti di terapia intensiva non e' opportuno che ospitino piu' di 4 letti), i ventilatori da dove pensano di prenderli?
L'unica fabbrica italiana anche lavorando h24 non ne produce piu' di qualche decina a settimana. E c'e' anche il problema dei componenti elettronici che verranno - quasi sicuramente - dalla cina.
L'esigenza di queste macchine e' elevata in tutto il continente: cosa vogliono fare, impedire di esportarli nel resto del paese per riempire una struttura che - speriamo - entro breve si dimostrera' una cattedrale nel deserto?

Riamministrazione del territorio

Cosa si puo' fare, allora?

Premesso che io mi sento cittadino europeo, e che quindi la dimensione nazionale mi sta molto stretta, ricordo che quando una trentina di anni fa bazzicavo per gli ambienti comunitari in Belgio, appresi il concetto di EU-regio, macro aree sovranazionali che accomunano piu' entita' economicamente o culturalmente omogenee, indipendentemente dalla loro appartenenza a questo o quel paese.
Ad esempio una EU-regio era quella del delta della Schelda che e' in Olanda ma che costituisce lo sbocco del porto di Anversa (in Belgio).
Da noi ci sarebbe il sud-tirolo (la provincia di Bolzano) ed il Tirolo austriaco, oppure parte del collio a cavallo tra Slovenia ed Italia.

L'idea e' grande e si potrebbe estendere alle nostre regioni.
Da noi pero' - a livello nazionale, quindi - i vari politici di turno dovrebbero trovare una loro evidente convenienza.. e allora altro che IT-regio, allora!
Che senso di nausea si prova a a pensare alle 103 province italiane che asfaltano le strade solo limitatamente alla loro area di competenza...
In Italia abbiamo 20 regioni e conseguentemente 20 parlamentini (i consigli regionali) composti da un numero variabile di consiglieri regionali tra i 20 e gli 80 ciascuno.
Quindi oltre 1000 consiglieri in tutto (non mi va di fare il conto).

Non solo: dal referendum del dicembre 2016 che non ha cancellato il senato e le province (pur riducendo severamente l' pericolosita' di Renzi) abbiamo ereditato ulteriori 103 parlamentini (i consigli provinciali), altre 2000 - almeno - braccia rubate all'agricoltura.
Ma torniamo alle regioni: considerato che ogni giunta regionale riproduce in gran quantita' (ma per fortuna in scala) tutti gli organi del governo centrale, il milione circa di occupati nel sottobosco della politica locale.

La suddivisione in regioni - a parte poche eccezioni - riproduce largamente la suddivisione del paese negli stati pre-unitari e/o le fasi di inglobamento nello stato nazionale, oppure - come nel caso del regno delle due sicilie i regni in cui era suddiviso.
articolo di wikipedia
    
    

Nelle cartine qui sopra ho utilizzato la attuale italia politica, ma i confini delle nuove macro-regioni non dovrebbero necessariamente coincidere con quelli delle regioni componenti, quanto seguire la funzionalita' economica.
I capoluoghi delle nuove macro-regioni potrebbero essere citta' luoghi virtuali (come ci sta insegnando la attuale emergenza coronavirus) o se fisici posti funzionalmente al centro della zona amministrata, mai se possibile coincidere con citta' metropolitane.
Ad esempio per l'italia centrale si potrebbe scegliere Amatrice (che ancora aspetta di essere ricostruita).
I vari uffici non hanno piu' alcun bisogno di essere raccolti e centralizzati come era inevitabile al tempo di Cavour.

Il concetto di ragione a statuto speciale dovrebbe scomparire: non siamo piu' al tempo del bandito Giuliano, agglomerati urbani come Messina e Reggio Calabria poter divenire una unica citta'.

Le province dovrebbero pressoche' scomparire sostituite da entita' funzionali che racchiudono piu' comuni che a loro volta dovrebbero essere completamente ridiscussi e passare dagli attuali oltre 8000 a qualche centinaio.
E' pazzesco che attorno a Milano, Torino e Napoli ci siano comuni grandi poco piu' di un latifondo del 1860.
In una Europa in cui si parlano 24 lingue (di cui 8 maggiormente usate) non ha senso una suddivisione ed La stessa provincia Dovrebbero essere mantenute delle entita' analoghe delle citta' metropolitane in base a delle peculiarita' specifiche non piu' frutto di una spartizione di potere e convenienze elettoral-campanilistiche. Le attuali 14 (Torino, Milano, Venezia, Trieste, Bologna, Genova, Firenze, Roma Capitale, Napoli, Bari, Cagliari, Messina e Reggio Calabria, Catania)dovrebbero essere ridotte a non piu' di 6 o 7.

Mi rendo conto che una cosa del genere va ad impattare su molti punti della costituzione, e ogni sua alterazione necessiterebbe una chiarezza di intenti ed una volonta' politica di cambiare mai vista non solo in Italia, ma neanche in Europa, direi.

Forse il coronavirus potrebbe darci una mano...




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